Una risorsa

A gennaio probabilmente mi cambieranno lavoro, ovviamente non si sa ancora per andare dove ma al 99% non farò più la stessa cosa e non avro più gli stessi colleghi.
L’altro giorno uno di questi colleghi (il capo del ‘team’ di cui faccio parte) stava parlando col suo capo delle prossime scadenze e ad un certo punto ha detto “poi tra un po’ mi togliete pure una risorsa…”. Dal tono, dall’espressione, da tutto il contesto si capiva che con quella frase oltre a lamentarsi della diminuzione delle ore di lavoro di cui poteva disporre c’era del dispiacere per il fatto che un collega sparisse, però adesso l’attenzione la vorrei mettere proprio sulle parole, su quel ‘risorsa’, e su quanto l’usare questa parola per una persona sia avvilente, non solo per chi si sente definito così, ma proprio per quanto ci dice del modo di pensare che i lavori (almeno quelli come il mio) richiedono con una veemenza tale da essere quasi un’imposizione.
Una decina di anni fa ero in un altro posto di lavoro, in cui venivamo spesso traslocati. In quelle occasioni il capo arrivava dal gruppo dei dipendenti con una piantina del nuovo ufficio e loro si sceglievano le postazioni, dopodichè posizionavano in quelle rimaste libere le stampanti e noi consulenti. Essere considerato al pari di una stampante non è piacevole, ma accettare di considerare al livello di una stampante un’altra persona, solo perchè appartenente ad una categoria inferiore è anche peggio,eppure non ho mai avuto la percezione che qualcuno di loro lo trovasse sbagliato. Problema piccolo? In sè forse, ma se la scala dipendente -> consulente la prolungate un po’ verso il basso, magari in direzione -> disoccupato -> migrante, forse vi accorgete che spiega molto.