I reietti dell’altro pianeta

A Ursula Le Guin mi ha fatto avvicinare Filo. I primi incontri non sono stati entusiasmanti, ma ha insistito abbastanza perchè insistessi anch’io, e adesso lo ringrazio di questo. Già in L’occhio dell’Airone avevo trovato molte cose interessanti, anche se nell’ultima parte la descrizione dei paesaggi, punto debole della scrittura della Le Guin, occupa molto spazio efa perdere un po’ quota al racconto. In I reietti dell’altro pianeta invece non ho trovato buchi.

La scrittura è sempre ad un livello altissimo, la storia, portata avanti alternando due sequenze temporali distinte, avanza con ritmi perfetti, i personaggi, anche i comprimari, sono sempre pieni, anche quando entrano in gioco per pochi passaggi. E soprattutto non ci sono santi, anche se c’è qualche demone, non ci sono verità assolute, anche se ci sono falsità incontestabili, e nonostante questo ci sono differenze, l'”uno vale l’altro” è la cosa più lontana da questo romanzo. L’ambigua utopia di Anarres, che era nel titolo originale “Dispossessed: an ambiguous Utopia” e purtroppo non è stata riportata in quello italiano, è lontanissima dalla perfezione, cionondimeno è incomparabilmente meglio dell’alternativa rappresentata dalle due potenze di Urras, o anche da quella terrestre. Solo la società degli Hainiti, che nel romanzo compaiono brevemente verso la conclusione, può forse essere un’alternativa, ma viene lasciata volutamente indefinita, come a dire che ci possono essere ipotesi migliori di una società anarchica, ma che al momento nessuno è ancora stato in grado di formularne.
Insomma, I reietti dell’altro pianeta è sicuramente un libro da leggere. E magari da ristampare, che trovarlo su carta non è proprio un’impresa facile.