Addio Ugo

Ieri è morto Ugo Berga, partigiano.
L’avevo conosciuto a gennaio dell’anno scorso per un romanzo che stavo scrivendo; indirizzato dall’Anpi di Bussoleno-Foresto gli avevo telefonato per chiedere se potevo intervistarlo e lui mi aveva detto subito di sì. L’avevo raggiunto nella sua casa di Bussoleno, mi aveva offerto della cedrata e avevamo parlato per più di tre ore, e se non avessi dovuto tornare a prendere mio figlio probabilmente saremmo andati ancora avanti. Ero poi tornato perché mi ero accorto di dovergli chiedere altre cose, e già che c’ero gli avevo letto la prima bozza del capitolo in cui era lui la voce narrante. Durante la lettura lui mi aveva fatto così tante puntualizzazioni che pensavo non gli fosse piaciuto, invece quando ci stavamo salutando mi aveva detto di aver apprezzato come lo avevo scritto.
Qui sotto riporto qualche stralcio di quelle interviste, è un ben povero modo di ricordarlo, ma spero possa dare almeno un’idea di che splendida persona era.
Addio Ugo, conoscerti è stato un onore e un piacere, ed è triste che tu abbia dovuto andartene vedendo ritornare incubi che avevi già scacciato. Ci mancherai.

…la resistenza in val di susa secondo me si può dividere in due periodi. Il primo periodo, fino a gennaio, febbraio del ’44, prima fase, e la seconda dal febbraio in avanti. Praticamente è dall’inizio a metà dicembre, perché a metà dicembre si sono sciolte le formazioni, poi per ricostruirle da dicembre a febbraio si è agito per ricostruirle. Quelle nuove però erano differenti da quelle di prima, perché quelle di prima c’erano tanti ragazzi che poi non son più tornati. Così come ne sono venuti altri di nuovi, quindi c’è praticamente una cesura tra i due periodi, va bene? Diciamo fino al dicembre, perché l’Arnodera è fine dicembre, quando praticamente le bande erano già sciolte. Sciolte più o meno. Poi quel periodo intermedio della ricostituzione, e poi l’inizio della resistenza vera e propria. Alcuni dicono che l’8 dicembre, il famoso giuramento è l’inizio, ma non è vero che è l’inizio, è la fine di un periodo, non l’inizio della resistenza…

…Noi siamo stati per un po’ distaccamento della 42a, poi abbiamo superato i 200-250 uomini e allora siamo diventati brigata. Quando siamo diventati brigata, il comandante, Carlo Perono, ha detto ‘teniamo un diario’. Lui era abituato anche ai registri durante il militare. Ha voluto un quaderno ‘diario partigiano’, la prima pagina l’ha scritta lui, tutte le altre le ho scritte io, ho registrato giorno per giorno fino alla liberazione, poi nell’estate del ’45, fresco di liberazione [] ho scritto non un diario ma una relazione dell’anno prima, che poi con il Valsusa filmfest, è una storia lunga che non le sto a raccontare, ma me l’hanno pubblicato…

…comunque lui (Walter Fontan, nota mia) non so in che maniera, ma io ho ricevuto che a Fiume avevano trovato la sua medaglietta. E io sono andato poi a Rijeka, ma non ho trovato l’indirizzo…

…E lì (alla Garda, nota mia) sono arrivati due da Novi, che poi si sono fermati con noi anche dopo. Cosa stranissima no, che sono arrivati da Novi Ligure, gli abbiam chiesto come mai, dice perché ci son dei ferrovieri a Novi che fan la linea di Modane, della val di Susa, e noi volevamo andare con i partigiani e abbiamo chiesto ‘ma li ci sono partigiani’ e hanno risposto ‘si, ci sono partigiani’ ‘e han detto ‘ci portate’ e allora sono arrivati, e sono arrivati a Susa, e avevano una valigetta ognuno, e sono andati dal sergente Ghiani e lui gli ha indicato dove eravamo e questi che non conoscevano la strada si sono fatti la scarpinata da Susa, e sono arrivati fino alla Garda, come sono arrivati non lo so, e come poi sono arrivati alla Garda, hanno aperto la loro valigetta c’era la tuta mimetica, mi pare che uno aveva anche un fucile smontato. Comunque si sono messi in tuta e hanno cominciato la loro carriera l’8 dicembre proprio alla garda…

…Perché poi c’è poco in generale, anche colpa nostra perché appena è finita la guerra ce ne siamo andati ognuno per conto nostro per cercare un lavoro, non ci siamo più preoccupati per niente, è veramente una cosa di cui mi rammarico [] Proprio un esempio, come è morto Carli noi lo abbiamo saputo 4 o 5 anni fa, perché durante la commemorazione che fanno a gennaio, a Avigliana, si è presentato un signore, che ci ha detto ‘io all’epoca avevo 13-14 anni” e ci ha raccontato come è andata, ma noi non ci siamo mai interessati, credevamo una cosa diversa, va bene? Pensavamo che fosse stato ucciso al mattino, che poi la mamma era venuta, e invece no, era stato ucciso la notte, che poi era rimasto esposto sulla statale. Ma perché non ci siamo informati? Bastava andare al comune di Avigliana che c’era il referto medico, quindi le date, ma niente. Ma lui è uno ma per tanti, tutti quelli che son stati partigiani con noi non abbiamo seguito, non li abbiamo seguiti per niente. Per caso, se eravamo qui e ci conoscevamo, ma altrimenti…

…come le dicevo prima, nel dicembre del ’43, in tutta la valle, di laureati (tra i partigiani, nota mia)penso ce ne fossero solo 3. Sergio che era ingegnere, il maggiore Valle che probabilmente era avvocato, o comunque dottore in legge, e la Gobetti che era professoressa d’inglese. Altri laureati non me ne ricordo, e poi c’erano sette o otto diplomati che erano i sottufficiali, i sottotenenti, i tenenti, don Foglia, però la resistenza secondo me almeno qui ha avuto queste caratteristiche, di essere fatta da giovani e giovanissimi, perché pensi che io ero già uno dei meno giovani ed ero del ’22, avevo 21 anni, non è che avessi 40 anni, ma andavamo dal ’20 fino al ’26, ’27 anche, quindi quindicenni. Ma quelli del ’20 erano considerati già anziani, altrimenti tutti giovanissimi. Il nucleo principale, perlomeno della mia formazione, erano del ’25…

…per il fatto che le leggi razziali hanno stabilito che, leggi all’italiana naturalmente, che i figli di matrimonio misto erano ariani, non erano ebrei, a meno che non avessero fatto manifestazioni di ebraismo. A parte che con la razza le manifestazioni non centrano, infatti in Germania che erano bastardi ma non scemi dicevano “se uno ha 3 nonni ebrei è ebreo, se ne ha 2 è ariano” chiuso l’incidente. E loro hanno considerato il fatto di non essere cattolico, di non essere battezzato, una forma di ebraismo, manifestazione di ebraismo…

…Nelle nostre formazioni l’articolo 3 della costituzione era realizzato in pieno, non c’erano discriminazioni. Di razza vabbè, eravamo tutti bianchi, ma neanche religiose, l’unica volta che si è parlato di religione è stato quella volta, a pasqua del ’44, che alcuni sono voluti scendere a Città per farsi confessare, e il parroco gli ha detto ‘Ma che peccati volete aver commesso lassù’, allora se ne è parlato per quello. Poi uguaglianza di genere. Nessuno ha mai pensato che le staffette valessero meno di noi, e poi con noi no, ma dall’altro versante c’erano anche delle donne che combattevano. E poi in valle uno dei massimi comandanti era la Gobetti! Quando è finita la guerra, che ci hanno riconosciuto i gradi da partigiano lei è diventata maggiore. Io ero capitano, lei maggiore. E poi c’era uguaglianza anche quella non scritta nelle leggi, quella economica. Nessuno aveva un soldo là, a parte uno che era l’unico ad avere una famiglia, e allora gli davano 500 lire al mese per la moglie e il figlio, ma se no niente, e poi anche ad averli che ci potevamo a fare? Al massimo potevamo andare in quelle due osterie che c’erano sopra ai 500 metri, dove come le dicevo ‘comandavamo’ noi, che erano una a Mattie e una a Villarfocchiardo, e ci compravi due o tre litri di vino, ma a parte quello niente…

…Una volta mi ricordo come un sogno, un prato in pendenza, e noi eravamo in punta al prato, e Carlo (Carli, nota mia) mi dice “Non so cosa ci riserva l’avvenire, però penso che in una situazione come questa sarà difficile che ci troviamo ancora, perché siamo qui, senza un soldo, senza un tetto, non sappiamo se domani siamo vivi o morti, peggio di così come si può stare?” Io mi son sempre ricordato di questa frase. Lui purtroppo non ha potuto fare paragoni perché poche settimane dopo l’hanno ammazzato, io ci ho pensato qualche volta, non mi sono mai più trovato in situazioni del genere, però una volta, quando c’è stata la legge cosiddetta truffa, che abbiamo fatto lo sciopero, ma uno sciopero che in pochissimi l’abbiamo fatto, io allora lavoravo già in ferrovia, e ho detto ‘può darsi magari che mi licenzino anche per questa faccenda’, e quindi ho pensato ‘anche se mi licenziano non è la situazione che c’era allora, sarà una situazione grave ma non così’, poi dopo non ho mai più avuto da scegliere così, da fare delle scelte così pericolose,va bene? E questo era del suo carattere, però lo diceva con l’aria allegra, non con aria tragica, era una situazione tragica, ma lui la prendeva come una commedia. Mi ricordo che un’altra volta mi ha detto “Ma pensa se domani io vado dai fascisti a dire ‘guardate che c’è quello e quell’altro…’” scherzava anche su quello, non l’ha mai presa tragicamente la questione, mai mai…

E per ultima una cosa che mi ha detto quando ho finito di leggergli le pagine in cui gli davo voce. Il capitolo terminava con una frase in piemontese “Però ‘nrabieme si, a m’rabio ancora” (però arrabbiarmi si, mi arrabbio ancora), quando gliel’ho letta Ugo mi ha risposto
«Ma no, io non mi arrabbio. Non è nel mio carattere»