Questa non è una canzone d’amore

Scrivo questo post cercando di non raccontare troppo la trama perchè “Questa non è una canzone d’amore” è un bel libro e vorrei invogliarvi a leggerlo, ma in fondo potrei non preoccuparmene più di tanto, perchè in questo libro la trama (che pure c’è, ed è credibile) non è la cosa più importante. Quello per cui vale davvero la pena di leggere questo romanzo è tutto quanto sulla trama si va ad innestare, tutte le descrizioni di mondi più o meno piccoli in cui Robecchi mette ora una grande dolcezza, ora una spietata ferocia (devo dire sempre in sintonia con il mio sentimento verso i protagonisti di quegli eventi).
Insomma, “Questa non è una canzone d’amore” ha una storia solida (a volte trascinante, in qualche passaggio un po’ più prevedibile), ma quello che rende bellissimo questo libro sono i tantissmi singoli passaggi, di qualche pagina o di qualche riga, in cui Robecchi schizza personaggi, situazioni e ambienti con la stessa maestria con cui lo fa nei suoi corsivi. Rispetto a questi però il tono ironico viene ‘confinato’ ad alcune parti del romanzo e ad alcuni personaggi (gustosissima Flora de Pisis, ma anche tutti i poliziotti rappresentati), e lascia molte volte il passo ad un maggior pathos e ad un’empatia davvero coinvolgente, per dire che una “giusta distanza” a volte può essere utile, ma altre volte invece bisogna ad ogni costo rifiutarsi di interporla per andare oltre gli stereotipi e il filmino che cercano di farci guardare, ed arrivare a vedere la realtà per quello che è. Perchè questo romanzo non è una canzone d’amore per come potrebbe intenderla la de Pisis, ma è invece un album di canzoni di amore (e qualcuna di disprezzo, o anche di odio) anel senso in cui potrebbe intenderle il Bob Dylan che il protagonista ama tanto ascoltare.