Per il bene di tutti

Borgo è l’incubo del branco, inteso nel senso animale di insieme di individui chiuso, che per proteggersi da qualunque arrivo esterno, ma anche da chi, dall’interno, non accetta le regole dattate dai maschi alfa.
Borgo è un paesino di mille abitanti, ma è anche la descrizione di comunità più grandi. Di organizzazioni, aziende, intere nazioni che agiscono nello stesso modo, creando uno spirito di corpo contro un nemico esterno (meglio se debole, meglio ancora se sproporzionatamente più debole), e poi usano il testtore di questo nemico come ricatto pcontro chi non accetta le regole, che poi si riducono ad essere la volontà del più forte, che a quelle regole può in ogni momento inserire un’eccezione che dirrà in breve regola.
Nel romanzo non è prevista da questo stato di cose altra salvezza che la fuga, il che, se si pensa non a Borgo ma a tutte le sue repliche in scala maggiore, è come dire che non c’è salvezza. Il finale lascia due situazioni aperte (una in realtà più dispersa che aperta), ma in una situazione per cui, aldilà dell’ottimismo che i protagonisti provano sul momento, è difficile prevedere un’evoluzione positiva.
Due piccole note negative: la storia di Agnese, un po’ indefinita, e il finale un po’ sottotono, ma “Per il bene di tutti” è un pugno nello stomaco, mirato e preciso, che lascia col respiro pesante. Da leggere, per cercare di capire se, nelle altre situazioni cui sembra voler alludere si possono trovare vie d’uscita diverse.