Le dimissioni

Un breve racconto, suggerito dalla recente approvazione dell'”Italicum”

La segretaria aprì la porta e l’uomo entrò nello studio salutando con un cenno del capo il collega seduto alla scrivania
«Signor presidente.»
«Onorevole Rossi, l’aspettavo. Ero curioso di sapere perchè questo appuntamento fosse così urgente.»
«Temo di doverle dare un grattacapo, presidente. Sono qui per annunciarle che sono costretto a dare le dimissioni.»
Il volto del presidente si scurì all’istante. Fissò l’onorevole Rossi, come per chiedergli se parlasse seriamente.
«Lei sa che le respingerò.»
«Lo immaginavo, ma questo non cambierà di molto le cose.»
«Perchè?»
«Sono malato presidente, malato terminale. Ho un mesotelioma pleurico, secondo i medici mi restano da due a quattro mesi di vita, vorrei passarli in pace a casa, e non in aula.»
«Non potrebbe esserci un errore nella diagnosi?»
L’onorevole Rossi scosse il capo.
«Mi spiace. E posso capire il suo desiderio di riposarsi, ma respingerò comunque la sua richiesta. Sarebbero le prime dimissioni di un parlamentare da trentadue anni, e non possiamo creare un precedente.»
«Lo so, è dall’entrata in vigore dell’Italicum bis che non accade. Però non vedo alternative.»
«Lei mi parla di un’elezione senza detentore del ruolo. Inconcepibile.»Il presidente premette un pulsante e si appoggio allo schienale della poltrona, prendendosi il tempo per ricapitolare mentalmente la situazione. Nella seconda metà degli anni dieci l'”Italicum bis” era entrato in vigore con il suo modello uninominale secco basato sulla formula delle elezioni degli amministratori di condominio. La nuova legge prevedeva che venisse eletto il candidato che al primo turno avesse riportato un numero di voti superiore alla metà più uno degli aventi diritto nel collegio, e che qualora nessun candidato avesse raggiunto il quorum il seggio sarebbe rimasto in assegnazione a chi lo deteneva nella legislatura precedente. Solo in caso di seggio libero si poteva essere eletti con maggioranza semplice, e dopo la prima elezione questa situazione non si era mai presentata, anche grazie all’inflessibilità con cui tanto lui quanto il presidente del senato avevano sempre esercitato il diritto di veto sulle dimissioni che la legge assegnava loro, mantenendo così inalterata la composizione di un parlamento che appoggiava il governo che stava finalmente cambiando l’Italia.
Ma ora, con le dimissioni dell’onorevole Rossi, ci sarebbe dovuta essere una libera elezione. Certo, per il momento si trattava solo di un seggio, ma presto se ne sarebbero liberati altri, dato che anche quelli che erano entrati in parlamento sotto i cinquant’anni erano ormai abbondantemente oltre i settanta.
«Come dicevo,» riprese l’onorevole Rossi «capisco il suo sconcerto, e vorrei non esserne io la causa, ma in ogni caso oggi userò il tempo del mio intervento per annunciare queste dimissioni. Sperò che lei cambi idea e le accetti, anche perchè respingendole salverebbe comunque solo la forma, e tra pochi mesi si troverebbe a dover gestire la stessa situazione senza possibilità di pren…»
L’onorevole Rossi venne interrotto dal rumore della porta che si apriva alle sue spalle. Tre uomini entrarono e si mossero molto rapidamente, due di loro lo immobilizzarono sulla sedia mentre il terzo iniziò a riempire una siringa.
«Mi dispiace onorevole Rossi» disse il presidente «ma non posso permettere che lei saboti in questo modo la funzionalità del parlamento.»
«Cosa volete farmi?»
«Solo accellerare l’inevitabile. Come ha detto lei, è inutile prendere tempo.»
«Se muoio dovrete comunque sostituirmi.»
«No, se nessuno lo viene a sapere.»
«Non potrete nasconderlo a lungo, qualcuno dei nostri colleghi lo scoprirà.»
«Come lei ha scoperto i precedenti? Non crederà di essere il primo, in trent’anni.»
«Mia moglie se ne accorgerà, i miei figli.»
«Non si preoccupi, provvederemo anche a loro.»
L’onorevole Rossi fece per urlare, ma una mano gli tappó la bocca, sentì una puntura nel braccio e poco dopo gli si chiusero gli occhi.
«Ben fatto.» disse il presidente rivolto ai tre nuovi venuti «Ora bisogna solo completare l’opera, e poi anche oggi potremo dire di aver fatto il nostro dovere a difesa della democrazia»