“Io non sono più niente”

Come scritto in un post precedente, ormai mi sono fatto un’idea di come comportarmi alle prossime elezioni. Però, siccome su “Cambiare si può” avevo avuto delle speranze, e siccome continuano ad averne persone di cui ho una buona opinione, ho ripensato spesso alla breve storia di quella formazione e mi sono chiesto dove sia stato l’errore, il problema che ha inceppato tutto. Ora credo di averlo trovato, in un aneddoto che è relativo a Paolo Ferrero (tra i capipartito aderenti a “Rivoluzione civile” senza confronto quello di cui ho più stima) ma che mi porta a conclusioni che credo si possano estendere a tutti i ‘politici’ partecipanti a quella lista.

Chiomonte, località la Maddalena, 27 giugno 2011, più o meno le 8 di mattina.

Sulla barricata che era stata chiamata Stalingrado (diamole i nomi di posti dove si è vinto, che porta bene, si era detto) tante persone attaccate alle sue reti. Anche su quella, come su ognuna delle barricate, c’è un amministratore, a rendere fisicamente evidente lo scontro tra istituzioni che lo stato e la stampa cercano di negare.
A un certo punto quell’amministratore, dalla sua posizione rialzata, vede qualcosa che non lo convince, si volta e cerca un collega che possa dargli il cambio per permetterglli di controllare, ma non lo trova. Continua a guardarsi intorno per un po’, poi individua Ferrero, pochi metri più in là, gli urla “Paolo, vieni tu qui al mio posto”, salta giù dalla rete e corre via. Preso un po’ di sorpresa Ferrero resta fermo, ma solo un istante, poi raggiunge la barricata e ci sale sopra, un po’ rallentato dalle scarpe poco adatte. Mentre si avvicina risponde alla chiamata anche a voce dicendo “Volentieri, però guarda che io non sono più niente”.
Ecco, secondo me in quella frase c’è tutto il problema. Ferrero, allora come oggi, era il segretario di un partito che raccoglieva quasi un milione di voti alle elezioni, eppure, non essendo più nè ministro nè deputato si sentiva “niente”. La maggior parte delle persone vicine a quella barricata non rappresentava altro che se stesso, eppure era lontanissima dal sentirsi “niente”, lui, che rappresentava tanti, invece, per il solo fatto di non avere un incarico istituzionale, si sentiva annientato.
Alla luce di questo episodio diventa più facile capire perchè ai rappresentanti dei partiti sembri così necessario essere parte delle istutuzioni da accettare qualsiasi condizione pur di ottenere quello scopo. Perchè se si è, o se si pensa di essere, “niente” è ovvio che non si può fare niente.