#RossaComeUnaCiliegia – giorno V

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frecciaSx 18 Agosto

Parigi, 22 agosto 1870

Ognuno ci ferma, o tenta di farlo. Ognuno inveisce, o blandisce, o ordina, ma nulla di ciò ci può trattenere. Riescono al più rallentarci, o fermarci per un breve istante, ma poi ogni guardia viene elusa, ogni porta superata, ed io, Adele Esquiros e Andrè Leon avanziamo sempre più nel labirinto di stanze, recando la nostra missiva.
Finalmente giungiamo ad un’anticamera, quella dell’ufficio di Trochou, ma da qui, davvero, è impossibile proseguire. Ci viene intimato di andarcene, ma noi non possiamo obbedire, le carte che portiamo contengono le migliaia di firme che chiedono di fermare l’esecuzione di Eudes e Brideau, colpevoli di nulla ma incarcerati dai tribunali dell’immondo sovrano. Per cui resistiamo, ed impediamo che ci respingano, ed in questo ci aiuta il loro imbarazzo nel mettere le mani addosso a delle signore. Alcuni uomini si allontanano, altri restano a sorvegliarci, molto più numerosi del necessario; ci viene ordinato di sedere, ed essendo l’ordine conforme al nostro desiderio lo eseguiamo. Sul divano, le carte strette al petto per fugare dai gendarmi ogni speranza di potermele sottrarre, ripercorro gli eventi che ci hanno portate qui.
Otto giorni fa le notizie dal fronte si susseguivano sempre più disastrose, e fino ad oggi hanno continuato a farlo. Si era saputo che del corpo d’armata di Trossard non rimaneva alla Francia un sol uomo; quattromila erano i morti, e prigionieri tutti gli altri. Erano divenute note, malgrado il governo tentasse di tenerle segrete, le notizie delle sconfitte, da Wissembourg a Woerth, fino all’assedio di Strasburgo, ed era sotto gli occhi di ognuno la fortificazione del Bois de Boulogne, testimonianza del fatto che nel palazzo già ci si attendeva un assedio, anche se la viltà dei comandanti faceva si che continuassero a negare questa possibilità.
Davanti a questo penoso quadro il popolo di Parigi sapeva che non vi era altra speranza di salvezza se non la Repubblica, ma mentre alcuni attendevano che fossero le cariche prussiane a disarcionare Napoleone, altri volevano esser loro stessi il motore del cambiamento. Questi ultimi, decisi a procurarsi l’armamento necessario a perseguire i propri scopi, progettarono di assaltare una caserma dei pompieri a Belleville, in boulevard de la Villette. Per chissà quali infami vie la polizia aveva però scoperto il loro intento, e presidiava la caserma, così, quando iniziarono ad arrivare, ancora non in gran numero, gli attaccanti furono sopraffatti e dovettero fuggire. Scappò chi ci riuscì, ma non Eudes e Brideau, che vennero accusati addirittura dell’omicidio di un pompiere, che poi si scoprì essere stato solo ferito lievemente. Il cadere di quest’accusa non modificò comunque la loro condanna a morte, giacché non era per gli atti che avevano commesso che il tribunale li voleva puniti, ma per i loro pensieri, e per aver avuto il coraggio della coerenza con essi.
Di fronte a una tale ingiustizia non si poteva tacere, e non si tacque. Michelet scrisse una lettera per chiedere di fermare l’esecuzione, e a migliaia accorsero a firmarla, tra loro di certo anche alcuni che l’idea di quell’assalto non avevano mai condiviso, ma che non avrebbero lasciato che un loro compagno venisse giustiziato per colpe che, quand’anche fossero state tali, erano comunque lievi.
Le firme erano state raccolte, ora si trattava di consegnarle al governatore di Parigi, ma persino questo non era semplice. Trochou non era uomo facile da avvicinare, e certo non si poteva pensare di sfondare con la forza, si era quindi scommesso sull’audacia femminile, e la scommessa era stata vinta. A nessun nostro compagno uomo sarebbe mai stato concesso di arrivare fin dove ci eravamo spinte noi.
Finalmente l’attesa termina, e ci si para davanti un uomo, più ricercatamente agghindato degli altri, che si presenta come il segretario di Trochou. Ci dice che il governatore è assente, e che possiamo lasciare nelle sue mani l’incartamento, che senza meno provvederà a consegnare. Né io, né Adele, né Andrè abbiamo alcuna fiducia negli uomini del potere, ancor più quando fanno sfoggio della propria opulenza, ma è in effetti probabile che il governatore sia altrove, e di certo non ci sarà concesso di attenderlo in quest’anticamera, così ci risolviamo a consegnare al segretario la lettera e le firme, facendo annotare su un registro l’avvenuta consegna di questo album, come prova del fatto che non siamo state ingannate. Ottenuto questo finalmente lasciamo il palazzo, scortate alla porta da una quantità di armigeri. Basteranno quei fogli a tenere in vita i compagni, o il delirio del vecchio imperatore affretterà la loro esecuzione, in barba alle promesse fatteci dal segretario? Costui si è tanto premurato di farci presente in qual gran conto si tenga in quei palazzi la volontà popolare da renderci ancor più certe che per essa non vi sia in quei luoghi alcun riguardo. E’ ben triste vedere quanto esile possa, a volte, essere il filo a cui restano appese delle vite, ma per quanto sia fragile quel filo non si può rinunciare a tesserlo.

4 settembre frecciaDx