#RossaComeUnaCiliegia – giorno IX

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frecciaSx 13 settembre

Parigi, 20 settembre 1870

Sono rincasato tardi, ma voglio comunque lasciare sulla pagina le impressioni della giornata. Dopo il disastro di ieri a Châtillon ho passato tutto il giorno cercando di parlare con soldati e guardie che fossero sul posto, per avere informazioni di prima mano. Mentre per le guardie mi è bastato muovermi nelle camerate accanto a quelle del mio battaglione per i soldati è stato più difficile incontrarne qualcuno, ma un giro per le ambulanze mi ha permesso di parlare con alcuni dei feriti più lievi, che uscivano dopo essersi fatti cambiare le medicazioni ricevute ieri.
Il tentativo di riprendere il forte non pareva cosa tanto superiore alle possibilità della nostra armata, eppure è miseramente fallito. Ducrot, da subito, ha incolpato di questo la guardia nazionale, dicendo che le guardie, a differenza dei soldati, si rifiutavano di andare all’attacco, e spesso scappavano; sono però i suoi stessi uomini a smentirlo. Di quelli con cui ho parlato solo due hanno detto di aver visto guardie rifiutarsi di attaccare, e uno di loro diceva che l’ordine che era stato impartito era insensato, e che tentare di eseguirlo sarebbe stata la morte certa, mi ha detto che lui stesso non sa dire se, al loro posto, avrebbe ubbidito, e che se così fosse stato l’avrebbe fatto solo per timore di essere punito. Mi tranquillizza sapere che i soldati la pensino così, e che allo stesso modo ne parlino. Non avevo molti dubbi sul fatto che Ducrot mentisse, ma è importante sapere che non saranno solo le guardie a riportare la realtà dei fatti; tra i loro racconti e quelli dei soldati credo che ogni parigino potrà essere informato, e non cadere nei tranelli che il governo sta già preparando. Anche se non mi stupisce è triste constatare come i nostri governanti, anche sotto assedio, si preoccupino più di ammansire con le loro menzogne la popolazione di Parigi che non di respingere l’invasore, che è sempre più vicino alla vittoria. Tra ieri e oggi tutti i rappresentanti dei governi stranieri si sono affrettati a lasciare Parigi, e questo non lascia buone speranze per quel che ci aspetta.
Quando sono stato raggiunto ad Anversa dalla notizia della caduta di Bonaparte e della proclamazione della terza repubblica credevo che ci sarebbe stato un maggiore ricambio negli uomini al governo. Non che mi aspettassi tra loro qualche socialista, sappiamo bene che il capitale non avrebbe mai ceduto le redini, neanche in condivisione, tuttavia credevo che nell’alternare il bastone e la carota, questa volta, dopo tanti anni di bastone, sarebbe stato il turno della carota. Da queste prime due settimane non pare che sarà così, sembra piuttosto che, invece di concedere qualcosa per non rischiare di perdere tutto, il governo scelga di arroccarsi sulle stesse posizioni che già l’imperatore difendeva a fatica. Forse non è strano, dato che gli uomini come Jecker, che tengono i fili dei nuovi governanti, sono gli stessi che manovravano Bonaparte, ma mi sarei aspettato da parte loro una maggiore capacità di imparare dai propri errori.
Quando ho lasciato Parigi, cinque mesi fa, gli animi erano esasperati, e di certo non può averli rasserenati una guerra dichiarata contro il volere del popolo, e condotta in modo inetto. Forse qualcuno può oggi abboccare all’amo della proclamata repubblica, ma non credo che l’illusione durerà per molto; presto la popolazione di Parigi si risveglierà, volente o nolente; la durezza della realtà è troppo vicina ai loro occhi perché la possano ignorare a lungo. Anche Blanqui ed i suoi non paiono aver abboccato, e muovono a Trochou critiche ancor più dure delle nostre anche se, come sempre, non giungono abbastanza a fondo da identificare il vero problema nell’organizzazione capitalista. Per ora però l’importante è che si combatta insieme il nemico comune, il loro numero ed il loro slancio ci saranno di grande aiuto. Quindi non temo per Parigi, il mio dubbio è se si possa essere altrettanto fiduciosi per il resto della Francia. Senza la visione diretta dei fatti non si può far altro che affidarsi alle narrazioni che ne giungono, e il potere ha mezzi che gli permettono molto più facilmente di coprire le distanze. A Strasburgo, a Metz, sicuramente la gente avrà visto abbastanza da sapere a cosa credere, ma in quelle parti della Francia che la guerra avrà risparmiato? Cosa sapranno coloro che ci vivono? A quali racconti crederanno? Saremo in grado, noi, di far arrivare, almeno nelle città più grandi, la nostra versione? Io credo che sia questo il quesito principale, la questione che dirimerà tra un futuro realmente nuovo ed uno identico al passato, tranne che nei nomi. A Lyon possiamo contare su Bakunin, a Marsiglia su Hugues, a Narbonne su Digeon, a Limoges, a Saint Etienne e in altre città ci saranno altri compagni che sono in contatto con qualcuno di noi qui a Parigi, e forse altro appoggio alla causa potranno fornirlo i blanquisti, ma ora che l’assedio è stato chiuso la difficoltà sarà principalmente per noi, che ci troviamo nella capitale e dobbiamo farne uscire i nostri racconti. Per quanto arduo sia il compito dobbiamo riuscire ad impedire che in Bretagna, o in Garonna, arrivi solo la voce dei servi degli Jecker.
C’è poi un’altra questione che m’angustia. Meno di due mesi fa i miei compagni dell’internazionale francese e di quella tedesca si scambiavano lettere in cui ci si giurava che mai e poi mai avremmo combattuto l’uno contro l’altro, mentre oggi io e molti altri ci siamo arruolati volontari nella guardia civile. Certo, si può dire che oggi sia la guardia della repubblica, e non più dell’imperatore, e che combattiamo contro il kaiser, che è di certo peggio di chi ci governa, ma di meno peggio in meno peggio non si potrebbe dire che lo stesso Bonaparte fosse meno peggio dell’imperatore prussiano? In ogni opzione c’è sempre un meno peggio, ma non sempre la differenza vale la scelta, e a volte ignorare le opzioni evidenti e perseguire quelle più nascoste, quelle che a un primo sguardo parrebbero una semplice astensione, è l’unica cosa giusta da fare. Il punto è: noi internazionalisti che ci siamo arruolati nella guardia civile abbiamo passato quel limite, oppure stiamo perseguendo la scelta migliore, difendendo un governo che, pur non volendoci, è per sua natura costretto ad avere per noi più tolleranza di quanta ne aveva Bonaparte, o ne avrebbe il kaiser, e difendendo quindi insieme ad esso anche la nostra possibilità di agire nella direzione di un governo veramente giusto? Quando mi sono arruolato ero certo di star facendo la scelta migliore, ma il comportamento di Ducrot oggi mi porta a dubitare. Può essere che anche noi internazionalisti si sia caduti in una delle loro trappole? Difficile a dirsi, e forse anche inutile, dal momento che non credo si sia più in tempo per invertire la rotta su questa decisione. Penso che su queste righe dovrò tornare a riflettere in tempi più calmi.

23 settembrefrecciaDx