#RossaComeUnaCiliegia – giorno XI

frecciaSx vai all’inizio
frecciaSx 23 settembre

Parigi, 31 ottobre 1870

La notizia della caduta di Metz era giunta la prima volta quattro giorni prima, e Felix Pyatt l’aveva scritta sul suo Le Combat, il governo aveva però smentito, e a Parigi in molti avevano creduto agli avvoltoi; ora però pare che finalmente nessuno voglia più dar loro retta. Ormai soltanto qualche mestatore cerca di convincere che l’esercito francese non sia in rotta, che Metz non sia persa, o che lo sia, ma che l’esercito francese si sia riorganizzato poco più vicino a Parigi ed ancora contrasti l’avanzata prussiana. In pochi lo dicono, e nessuno dà loro retta.
La folla, come oramai ogni giorno, si è radunata in strada. Differentemente dai giorni precedenti però stavolta non si contenta di mostrare se stessa e la propria rabbia, questa volta si da un obiettivo, ed una direzione.
In principio sono stati solo quelli che alla caduta dell’uomo di dicembre avevano circondato il parlamento, obbligando chi vi sedeva a concedere quella repubblica che mai avrebbero voluto, a muoversi verso il municipio, ma mano a mano che si avanza il corteo si fa sempre più numeroso ed impetuoso. Adesso i pochi temerari che osano anche solo mettere in dubbio la veridicità della caduta Metz, insieme a quegli sfrontati che ancora accusano Pyatt, Rochefort o Flourens di aver mentito, a calci vengono rigettati fuori dal corteo, e tutti insieme si urla
«No all’armistizio!»
«Viva la repubblica!»
«Resistenza o morte!»
«Vogliamo la Comune!»
«Abbasso Thiers!»
Si giunge sotto il palazzo. Trochou si affaccia per garantire che non vi sarà alcuna resa, e per chiedere che il patriottismo ci riunisca tutti in un’unica fazione, ma noi non si vuole più venir presi per il sedere, ed aprendoci la via con la forza si entra in massa, anche se la più gran parte della folla deve rimanere fuori, che le stanze non bastano a contenerci tutti. Nella sala del consiglio Trochou, Jules Favre e Jules Simon vengono incalzati dai dimostranti, che rinfacciano loro la codardia del governo. Il governatore cerca di calmarci, inventando che per Parigi, nelle attuali condizioni, sia un vantaggio aver abbandonato Metz al nemico, ma nessuno gli da retta, e tutti urlano ancora
«Resistenza o morte!»
«Vogliamo la Comune!»
«No all’armistizio!»
finché il bretone non cede, e si affloscia su una poltrona lamentando che questa «E’ la fine della Francia». Il governo si ritira a deliberare, e noi attendiamo.
L’attesa non è lunga, in breve dal loro conciliabolo sortisce la promessa della Comune. Tocca a Rochefort annunciarla alla folla, che a nessun uomo del governo al di fuori di lui darebbe credito, e la folla gli risponde portandolo in trionfo, fuori dal palazzo, fino a Belleville, non lasciandogli quasi nemmeno il tempo di siglare le sue dimissioni da un governo che non ha più ragion d’essere.
Dentro, invece, restano gli altri, trincerati dietro un plotone bretone, fedele a Trochou come ad un’immagine sacra e pronto ad eseguire ogni suo ordine, fosse pure un assalto suicida. Il coraggio non è però stato mai del governatore, e non lo è neppur oggi.
Nel frattempo un battaglione della guardia nazionale giunge al municipio, e si dispone a sua difesa. Tutti vedono che son guardie e non soldati, nessuno fa caso che sia il centoseiesimo, il battaglione della reazione, guidato da Ibos. Gridar «Viva la Comune!» è per loro un travestimento sufficiente perché li si lasci interporre tra la folla e Trochou. Greffier, capitano della guardia, di altro battaglione, intuisce qualcosa, vorrebbe impedir loro di schierarsi, ma Flourens lo ferma «Perché è stata data la parola, sia nostra che loro, e non si può far atto di diffidenza», così i battaglioni di Greffier e Flourens vengono rimandati via, e la folla, dopo aver letto il manifesto che proclama l’istituzione della Comune per elezione, poco alla volta si muove verso il municipio. Ci si muove su istruzioni di Blanqui, che vuole subito far sostituire il sindaco Saligny col dottor Pilot.
Attorno al municipio l’esercito monta ancora la guardia, e un soldato tenta di bloccare la strada all’emissario di Blanqui, Constant Martin, ma questi scosta la baionetta del militare, e prosegue come se questi non potesse nulla per fermarlo. Il soldato non si oppone oltre, e a centinaia seguono Martin.
Dentro al municipio il sindaco e la sua corte paiono in preda al panico, senza protestare consegnano agli insorti seggio e cassaforte e lasciano loro il palazzo, anche i soldati di guardia vengono rimandati alle loro caserme.
Dentro il municipio si festeggia, e poi ancora in strada, fino ad arrivare, a sera, alla sala della Borsa, dove gli ufficiali della guardia si riuniscono per discutere il da farsi, e dove Rochebrune infiamma la folla proponendo la sortie torrentielle: duecentomila uomini che si lancino contro un unico punto dell’assedio prussiano e lo travolgano con la forza del loro numero. In ogni angolo della sala si approva, si applaude, si chiede che sia fatto subito, e che Rochebrune sia fatto generale della guardia, ma è lui stesso a frenare gli entusiasmi. «Prima la Comune» urla sopra il vociare festoso.
Di corsa giunge un nuovo arrivato, che si lancia sulla tribuna e annuncia che il centoseiesimo ha tradito, che hanno liberato Trochou e il governo, e che anche il municipio non è più nelle nostre mani. Alle sue parole un gelo assedia la sala, pochi riescono a credere ad un tale tradimento, tutti si agitano, chiedono di sapere. Come se non avessero appena saputo.
Si esce dalla sala in ordine sparso, chi va verso il municipio, chi verso il parlamento. Tutti sperduti, tutti traditi. Ognuno deve accettare che il governo ha mentito, che il manifesto che hanno fatto affiggere ha mentito e ancora mente; qualcuno si chiede se non sia tornato l’impero, io ed alcuni altri rispondiamo loro che l’impero mai se n’era andato, che erano rimaste tutte le sue leggi e, a meno del solo imperatore, tutti i suoi uomini, ma in pochi paiono voler accettare questa verità. Poco alla volta, dopo aver toccato con mano quanto fosse vera la notizia, la folla si disperde, e quando ormai è notte alta ognuno torna alla sua casa.
Il mattino, al risveglio, una nuova notizia completa la disfatta. Blanqui, Eudes, Flourens, Pyatt, Milliere ed altri quindici sono in arresto per i fatti di ieri. Quale caro prezzo pagano quegli uomini per la loro e nostra onesta ingenuità.

prossima giornata (forse) il 15 novembre