Gabbie d’oro

Questo racconto è nato da tre articoli (“L’oro del diavolo”,”Le miniere che assetano”,”La resistenza di Màxima”) apparsi su Altreconomia di dicembre. Gli articoli ovviamente contengono molto più materiale di quanto qui presentato, ragion per cui ne consiglia vivamente la lettura.
Oltre che qui lo troverete anche su mazproject

«Pronto?»
«Bè, insomma, fino a Shanghai è andata bene, ma poi…»
«Possono pure chiamarla prima classe ma su queste compagnie aeree asiatiche sembrerà sempre di essere su un carro bestiame…. »
«Sarà che i cinesi sono piccoli e quindi non sanno come fare un sedile largo. E poi non hanno nemmeno un cazzo di bourbon decente, cercano di rifilarti sempre quel maledetto whisky giapponese…»
«Vabbè, inutile pensarci, tanto a Ulan Bator stavolta ci dovevo venire, non poteva bastare una videoconference… »
«Se hanno scarcerato Monkbahyar può voler dire solo che qualcuno quaggiù vuole alzare il prezzo, e per farlo deve essere disposto a giocare pesante, visto che la sua mossa d’apertura è far liberare dopo solo sei anni di carcere un contestatore che eravamo riusciti a far condannare a ventuno. E quindi bisogna parlarci di persona… »
«La situazione alle miniere della valle del Buuruljult è già al limite così, non possiamo permetterci che quelli che abbiamo a libro paga alzino la cresta. D’altronde è il problema di lavorare in questi stati autoritari, ogni piccolo pubblico ufficiale ha un potere enorme di cui può disporre a suo piacimento, il che è ottimo perché hai bisogno di comprare meno persone, però quando si mettono di traverso possono crearti grossi problemi…»
«Di sicuro bisognerà aumentare le loro provvigioni, ma bisogna anche fargli capire che non possono tirar la corda più di tanto. L’ideale poi sarebbe far entrare in testa a quegli zucconi che gestiscono la miniera che devono rinunciare a qualche fetta del loro guadagno per gestire un po’ meglio le cose…»
«Nessuno gli chiede di rispettare i limiti di metalli pesanti dell’organizzazione mondiale della sanità, ma se li superi di mille volte poi diventa difficile evitare che la questione esca dal contesto locale, e sai benissimo che se lo fa finisci per spendere per metterla a tacere molto più di quanto averesti speso per ridurre le dispersioni a cifre meno eclatanti. Senza contare che poi qualche stronzo di giornalista che non si fa blandire né intimorire ancora c’è, e se la notizia arriva ad uno di loro non la puoi fermare, e finisci per trovarti contro una campagna di boicottaggio… »
«Ok, non è per una campagna che vai in malora, però ci rimetti un sacco di soldi…»
«Quelli del Buuruljult dovremmo mandarli a formarsi un po’ a Taliwang, loro si che si sanno gestire. Mica rinunciano a usare il mercurio, o installano chissà quali costosi filtri delle acque di scarico, però ci stanno un po’ più attenti, hanno sforamenti che fanno meno notizia, e soprattutto lasciano che si arricchisca anche qualcuno dei locali, così tutti possono sognare e a nessuno viene in mente di piantar casino. Anche se gli muore uno dei figli per avvelenamento da mercurio quelli pensano agli altri figli, quelli che ancora respirano, e continuano a lavorare come prima, sperando di poterli liberare dalla vita che fanno loro…»
«No, non è una grossa spesa. Basta permettere che si arricchisca qualcuno ogni tanto (e ti dico ‘arrichisca’ come lo dicono loro, ma non voglio mica dire ricco sul serio) e gli altri si illudono; ingigantiscono da loro stessi la storia che si raccontano per darsi coraggio e si convincono a vicenda. Non hai nemmeno bisogno di incatenarli, anche se potrebbero non se ne vanno, la loro gabbia è la loro stessa illusione. E in questo modo a Taliwang hanno un’estrazione oltre le conto tonnellate d’oro l’anno e zero problemi con i locali…»
«Eh, si, in Indonesia ci sanno fare. Non come quei fessi di peruviani, avidi peggio dei mongoli. Ma dico io, d’accordo che le vecchie miniere prima o poi si esauriscono e quelle nuove bisogna aprirle, ma due contemporaneamente nello steso posto, abbattendo case e prosciugando lagune? Sembra che lo si faccia apposta per crearsi problemi da soli. Non puoi aprirne una, lasciar passare due o tre anni e poi presentare il progetto dell’altra? Rinunci a un po’ di guadagno, ma gestisci il tutto in tranquillità… »
«Lo so che è contro il nostro interesse, che noi degli studi legali dalla tranquillità non abbiamo mai nulla da guadagnare, però facendo così per forza trovano qualcuno che si impunta, come quella cazzo di indigena, la Chaupe. In Perù poi hanno quello stronzo di presidente indio che deve far finta di stare “dalla parte del suo popolo”, e allora non è così facile trovare un giudice che butti in prigione gli oppositori solo perché glielo chiede una multinazionale…»
«Certo, puoi minacciarli, denunciarli, tenerli sotto processo quattro o cinque anni, ma alla fine se non si spaventano tornano liberi, e con molto più ascendente sugli altri…»
«Ah, bene, bella notizia. Sono contento che in Perù siate riusciti a sistemare la cosa nonostante se la Chaupe sia tornata libera. Alla fine un governo che pensa di poter fare senza soldi e appoggi dura poco, e raramente arriva al potere qualcuno così ingenuo da non capirlo. Un conto è non far condannare chi protesta, altro dargli ragione… »
«Bravi, bravi, mi avete evitato di dover andare fino in quel postaccio…»
«Pazienza se si dovrà spendere di più in sorveglianza e misure antisabotaggio, sono cose che in questi progetti si devono mettere in conto… »
«Sono contento. Adesso che arrivo in albergo vedo di farmi buona una notte di sonno e poi provvedo a sistemare le cose anche qui in Mongolia, così almeno per qualche mese sono tranquillo. Di dover lasciare il mio bell’attico per un altro viaggio da pezzenti come questo non ne ho proprio nessuna voglia.»