Etica e giurisprudenza

Sulle pagine di questo blog ho argomentato spesso contro la tendenza, sempre più in voga, a far coincidere etica e legalità, torno oggi sull’argomento per riportare un’argomentazione a sostegno della mia tesi fornitami da una fonte da cui non mi sarei mai aspettato un aiuto in tal senso: un giudice.
Sabato scorso ero nell’aula 59 de tribunale di Torino per assistere al processo per direttissima a Nicoletta Dosio, storica attivista notav, per il reato di evasione dagli arresti domiciliari cui è sottoposta (non mi dilungo sul caso, chi vuole approfondire può trovare materiale qui). Per la verità sono arrivato nell’aula a processo già abbondantemente iniziato ed ho potuto sentire solo le deliberazioni del giudice, ma è proprio da queste che viene la mia argomentazione.
Nel riepilogare il processo il giudice dava atto del fatto che “l’imputata ha dato lettura di un documento in cui spiegava le ragioni del suo comportamento”(1), ma dichiarava di non aver tenuto conto nel giudizio di quanto detto da Nicoletta perchè “sono considerazioni che attengono all’etica, e non sono rilevanti per la giurisprudenza”(1).
Ecco, così netto non l’avevo mai detto nemmeno io. L’etica non è rilevante per la giurisprudenza (e quindi per la legalità). Fanno parte di due campi diversi, non hanno alcun contatto fra di loro, e stavolta a dirvelo non è un anarchico o qualcuno che si oppone allo status quo, ma di un giudice di tribunale, uno il cui mestiere è mantenere lo status quo.
E ora, voi che sostenete che la legalità sia tutto, come potete non credere a chi in fatto di legalità ha l’ultima parola?

(1) tutte le citazioni delle frasi del giudice sono a memoria, non ho avuto la prontezza di prendere appunti o registrare