Irrevocabile

Così Mario Draghi ha definito qualche giorno fa la scelta di aderire all’euro. Io l’ho trovata una dichiarazione particolarmente significativa proprio per la scelta del termine.
Irrevocabile. Credo sia chiaro a tutti che la scelta di una moneta non può esserlo, e che se qualcuno è stato così boriosamente idiota da scriverlo in un trattato (o da firmarlo) non per questo non l’ha reso vero, e che crederlo sia un atto altrettanto stupido. Mario Draghi non è uno stupido, sono certo che sappia che quel trattato, come ogni affermazione insensata, non vale più della carta su cui è scritto, e proprio per questo scandisce una parola che già dal suono dichiara la sua funzione: quella di (tentare di ) intimidire l’interlocutore.
Irrevocabile è un termine della burocrazia, evoca la distanza abissale che separa le carte dalle vite, e la distanza notoriamente induce timore. E’ il solito ritornello del There Is No Alternative, ma è sparito il tono bonario di qualche tempo fa, è come se Draghi (e per estensione i nostri governanti) non pensassero più di spiegare la lezione a dei ragazzini, che di tanto in tanto devono essere consolati dalla durezza della vita, ma invece fossero convinti di urlarla ad un’assemblea inferocita, magari ancora mettendo la faccia davanti alla fila di fucili schierati, ma pronti scambiarsi di posto in qualunque momento. Io ho seri dubbi sul fatto che ci valutino correttamente, la distanza può ingannare anche loro, ma certo il fatto che lo pensino un po’ mi inquieta.
A meno che Draghi non intendesse usare l’aggettivo nel secondo significato che il vocabolario Treccani fornisce, etichettandolo come letterario “che non ritorna più, che è definitivamente passato“.