Paura e apatia

A fine mese cambierò posto di lavoro. Stessa azienda che paga lo stipendio, luogo diverso, cliente diverso, colleghi diversi, compiti diversi. Quali esattamente ancora non lo so, il mio ‘posto fisso’ non è certo una fucina di certezze, però visto come mi trovo con la situazione attuale spero che il cambio porti un miglioramento. Nella settimana scorsa ho informato alcuni colleghi (nel senso che lavorano nello stesso posto su cose simili, pur essendo stipendiati da ditte diverse) della mia prossima sparizione, e dato che tutti loro si lamentano spesso delle loro condizioni di lavoro (e tra reperibilità e turni festivi e serali ne hanno ben d’onde), mi aspettavo delle risposte tra il ‘beato te’ e il ‘che stronzo, io invece resto qui’, invece alla fine, con forse una sola eccezion,e tutti considerano il cambio come un peggioramento.
Ecco, forse questo marginalissimo dettaglio della reazione ad un fatto già di per se marginale ci dà una visione panoramica della situazione italiana, ovvero del fatto che, aldilà dei singoli problemi, il vero dramma è un’assoluta passività di fronte agli eventi. Passività che in passato ho spesso considerato frutto della mancanza di speranza, ma forse andrebbe piuttosto ascritta ad un eccesso di paura che porta a preferire accontentarsi di un presente assolutamente insoddisfacente anzichè muoversi verso un cambiamento di cui si vedono solo i rischi ignorando le speranze. E purtroppo non credo che questo ragionamento valga solo in ambito lavorativo.